A review by cristinabia
Ho sposato un comunista by Philip Roth

4.0

Con Roth adotto sempre un atteggiamento circospetto. Lascio passare del tempo, tra un libro e l'altro e lo tengo d'occhio. Non sai mai in che modo il caro Philip arriverà a darti una mazzata, non sai mai quale debolezza umana affronterà puntigliosamente. Io però non sono capace di leggere in punta di piedi, leggo "rotolando" sgraziatamente da una pagina all'altra, tipo valanga. Una valanga circospetta. Praticamente un ossimoro con le gambe.
In questo libro Philip demolisce, pazientemente, un uomo. Aveva demolito lo Svedese, il professor Silk, ora tocca a Ira. Ho pensato per tutto il libro di dargli 4 stelline, finché le ultime pagine non mi hanno dato il colpo di grazie e sono finita inzuppata come una macina nelle parole di Roth.
Mi ero dimenticata di aggiungere una cosa che mi ero appuntata su un quadernetto sul treno. Ce la copio.
Mai definire un terzetto di libri trilogia nonostante l'apparente diversità (cioè non è una saga, non è il solito argomento, non è così scontato chiamarla trilogia, intendo quindi trilogia un po' nascosta) fu più azzeccato. Io mi sono sentita sbudellare da tutti questi tre libri. Misteriosamente La macchia umana su tutti. Ricordo chiaramente che faticavo a leggerla. Mi riusciva proprio difficile andare avanti di pagina in pagina, una sensazione strana, una bevanda buonissima che però mi graffiava l'esofago. Pastorale americana l'ho letto col Nano piccino che mi dormiva a fianco. Lo guardavo e leggevo e cercavo nel suo profilo incontaminato i semi di abissali lontananze. Insomma mi chiedevo come era il processo da bambino che mi si addormentava contro il petto a individuo compiuto che avrebbe potuto (speriamo di no) rivelarsi quasi un estraneo per me. Come quando ti guardi tutte le mattine allo specchio e a un certo punto hai le occhiaie perenni e ti domandi in quale giorno quelle si sono installate con ciottoli e ciottolini sul tuo visino ggggiovane. Ora è stata la volta di Ira. Vuoi bene a Ira, vuoi giustificarlo, perdonarne le manchevolezze, le ottusità, ma non puoi proprio. Ci sono, è umano, e ti girano le scatole, perché i miti non andrebbero mai spogliati. E poi mi è preso un dubbio. A un certo punto, parlando del fratello di Ira, suo vecchio professore, Z dice che quello era stato il primo a insegnargli a boxare coi libri, e ora tornava per insegnargli a boxare con la vecchiaia. Ecco, tralasciando la vecchiaia (pur sentendomi spesso vecchia dentro non sono ancora vicina anagraficamente alla vecchiaia, perciò ci penserò tra un po') mi sono domandata, ma io ci boxo coi libri? O mi limito ad ammirarli? Per boxare ci vuole uno scambio dialettico importante, chissà quanti cazzotti mi sono persa o quanti non ne ho dati. Pagine su pagine che mi sono sfuggite di mano.